Assets Immateriali: il nuovo petrolio
Un liquido maleodorante, per secoli rimasto inutilizzato, grazie alle innovazioni tecnologiche (ricerca, estrazione, trasformazione), ha consentito lo sviluppo della società industriale. Non il petrolio in sé, bensì le idee hanno creato il valore di mercato del bene, su cui si è potuta fondare la ricchezza prodotta dalla società industriale. Va da sé che il nuovo petrolio non può che essere la conoscenza. Anch’essa deve essere cercata, estratta, trasportata e trasformata per il suo utilizzo. Come per le infrastrutture energetiche, l’utilizzo del “nuovo petrolio” necessita di infrastrutture sociali, una filiera della conoscenza industrialmente organizzata e territorialmente distribuita.
L’assenza di segmenti fondamentali della filiera della conoscenza, industrialmente organizzata (!), non può che generare la cosiddetta “death valley”.
A differenza della tecnologia, che oggi è solo una commodity, i beni immateriali, quali cultura, ricerca, know-how, formazione, competenze, motivazione, decisionalità, creatività, capacità di problem solving, capacità di visione, empatia, sono tutti assets a fondamento dello sviluppo di una nuova economia e ben si coniugano con le finalità di un nuovo Welfare.
Gli assets immateriali, diversamente da altri, sono strettamente legati alle risorse umane che ne sono proprietarie e alle modalità con cui le stesse si organizzano per creare valore.
Il bene immateriale, per sua natura, ha una utilità ripetuta ed estendibile a una molteplicità di beneficiari, e conseguentemente può favorire una esplosione nella creazione di valore. Un nuovo New Deal.
Solo applicando gli assets immateriali ad una visione di futuro, si potranno costruire gli skills necessari alle organizzazioni per creare il valore. Valore che potrà essere recepito solo se il mercato (domanda) sarà altrettanto evoluto ed avanzato.
